NARRARE IL PATRIMONIO CONTROVERSO

Tra i temi messi in luce dall’International Museum Day 2022 vi è quello relativo al “potere di costruire una comunità attraverso l’educazione”: viene ribadito il potenziale dei musei nell’apportare un cambiamento positivo nelle loro comunità, contribuendo a formare una società civile impegnata e e impegnata basata sui valori della democrazia.

Non sempre questo processo avviene in maniera pacifica, anzi più spesso i musei sono chiamati a confrontarsi con quel patrimonio “controverso”, che dà origine a interpretazioni contrastanti quando non conflittuali: un patrimonio al quale diverse comunità attribuiscono significati difformi, dissonanti, e con cui (troppo) spesso si alimentano conflitti identitari anche violenti.
Eppure, proprio perché solleva domande e invita alla riflessione sul ruolo delle società nella costruzione dei significati, il patrimonio controverso può risultare una risorsa educativa straordinaria a sostegno di quelle attività che si prefiggono di sviluppare la consapevolezza critica degli individui.

 

Partendo da queste riflessioni, il Centro di Ateneo per i Musei ha avviato negli scorsi mesi un progetto formativo rivolto alle classi quinte del Liceo Classico Tito Livio di Padova. Durante due incontri a scuola, studentesse e studenti sono stati guidati a conoscere la storia “difficile” dell’Università di Padova e le vicende edilizie e decorative che hanno visto protagonista l’Ateneo negli anni ‘30 e ‘40 del secolo scorso, durante il rettorato di Carlo Anti. La straordinaria ala novecentesca di Palazzo del Bo e il Palazzo Liviano, frutto di questa fervida stagione edilizia, rivelano una modernissima armonizzazione di "funzione e decorazione", per usare i termini cari alla riflessione estetica del periodo, la cui ammirazione non può però esimersi dal riconoscimento e dal confronto con il loro "patrimonio difficile", legato al contesto storico durante il quale maturarono i diversi interventi.

Un patrimonio di cui, nel corso del tempo, si è cercato di oscurare la memoria: ora rimuovendo le testimonianze materiali di un passato ancora doloroso nell'esperienza viva di tanti, ora negandone gli aspetti più controversi, ora adottando un approccio acritico ed esclusivamente tassonomico e catalografico o ancora risemantizzando scelte e contenuti alla luce dei valori del presente.

Gli studi dell'ultimo quindicennio, condotti in prospettiva storica e critica, hanno riportato alla riscoperta dei contesti e delle sfide che il riconoscimento delle problematicità, mai sopite, ci impone anche, e soprattutto, oggi.

 

 

Dopo le lezioni in aula, le classi hanno preso parte a una serie di visite tematiche a Palazzo Bo, durante le quali ragazze e ragazzi sono stati chiamati a riflettere sulle modalità più corrette per raccontare questa storia, senza percepire come minacciosi o demonizzare anche costrutti patrimoniali fortemente dissonanti.

Il loro fondamentale contributo a nuove strategie di narrazione del patrimonio “difficile” ha preso forma concreta nella realizzazione di un'installazione partecipativa ai piedi del Palinuro, il capolavoro di Arturo Martini dedicato al partigiano Primo Visentin. Come il giovane nocchiero di Enea "guarda verso l'alto, ad un avvenire più bello", così ragazze e ragazzi hanno scritto i loro pensieri relativamente al patrimonio controverso su delle semplici barche di carta, liberate, poi, ai piedi della Scala del Sapere, intesa come simbolo delle difficoltà connesse allo studio storico critico di memorie scomode, che non si possono però semplicisticamente rimuovere, né tantomeno giustificare, ma su cui tutti siamo invitati a riflettere per giungere a soluzioni partecipate. Le sole capaci di promuovere società libere, consapevoli e autenticamente democratiche.

 

 

Il progetto L’Università, le arti, il design. Raccontare un patrimonio “difficile” è stato coordinato da Isabella Colpo (Centro di Ateneo per i Musei) e Raffaella Terribile (Liceo Classico Tito Livio). Le lezioni frontali e le visite guidate sono state curate da Chiara Marin, Maria Cecilia Lovato, Isabella Colpo e Sara Polli.