3. Il caso padovano (1810-1811)

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Figura 8. Regio Decreto 25/4/1810 di soppressione degli ordini religiosi

Infatti a Padova ciò sembrava significare la scomparsa, di punto in bianco, dei Ginnasi ecclesiastici ossia degli unici Ginnasi e anzi degli unici istituti d’Istruzione Media presenti nel Dipartimento del Brenta, con le ovvie conseguenze del caso per il futuro degli allievi. In realtà il citato Decreto Reale (vedi immagine) diceva all’articolo 14: “Il Governo darà le disposizioni che troverà convenienti, onde provvedere alla direzione delle Case di Educazione ed Istruzione presedute da Regolari soppressi.” Non si trattava dunque di sopprimere, insieme agli Ordini religiosi, anche i Ginnasi da loro tenuti, bensì di far determinare il futuro di questi ultimi dal Governo ossia da Eugenio, Vaccari e Scopoli a Milano e da Zecchini a Padova. Costui fu il primo a muoversi, scrivendo a Vaccari già il 14 maggio 1810 che nel Dipartimento del Brenta due soli erano i Collegi rinomati: il Collegio dei Somaschi di Santa Croce a Padova (nella sede ora dell’Istituto delle Suore di San Francesco di Sales), con circa 30 allievi, e il Collegio dei Benedettini di Praglia, con circa 20 allievi. La proposta di Zecchini era quella di sopprimere il Collegio di Praglia, farne confluire gli allievi nel Collegio di Santa Croce e trasferire quest’ultimo in una sede più ampia ossia nell’ex-Monastero delle Benedettine della Misericordia (dove poi sarebbe sorto l’ex-Foro Boario) a Prato della Valle. Per il momento, tuttavia, Vaccari fece sapere a Zecchini già il 28 maggio 1810 che persino il Collegio di Praglia avrebbe continuato la propria attività almeno sino alla chiusura dell’anno scolastico in corso ossia sino all’8 settembre 1810. Nel frattempo Gaetano Onesti, Podestà di Padova, aveva richiesto al Governo di destinare l’immensa mole dell’ex-Monastero Benedettino di Santa Giustina a nuova sede dell’Università di Padova e Scopoli aveva richiesto il 1° giugno 1810 a Zecchini un parere in merito. Nello stesso giorno, Eugenio aveva emanato un Decreto Vicereale con cui stabiliva che proprio e solo gli studenti del Liceo che avessero concluso con successo il loro esame finale erano dispensati dal sostenere l’altrimenti necessario esame d’accesso all’Università. Cogliendo l’occasione, Zecchini rispose il 15 giugno 1810 con una lettera a Scopoli in cui suggeriva anzi d’insediare a Santa Giustina non solo l’Università e la stessa Accademia Patavina, ma anche un “Dipartimentale Collegio”, risultante dalla trasformazione dell’allargato Collegio di Santa Croce in un unico Collegio per l’intero Dipartimento del Brenta, comprensivo di ogni grado d’istruzione, elementare e media. La cosa venne presa talmente sul serio a Milano che Eugenio emanò il 6 agosto 1810 un Decreto Vicereale che cedeva l’intero edificio di Santa Giustina al Ministero dell’Interno e anzi alla Direzione Generale della Pubblica Istruzione, perché vi fossero ospitati tutti i predetti istituti di Pubblica Istruzione.

Si arrivò così all’inizio del nuovo anno scolastico 1810-1811, in cui di fatto quasi nulla cambiò: il Collegio di Praglia (a Teolo) chiuse, ma il Collegio di Santa Croce (a Padova), pur allargatosi così a circa 50 allievi, continuò le sue attività nella medesima sede. E tuttavia Scopoli scrisse il 24 settembre 1810 a Zecchini, per informarlo che il Governo aveva deciso di accogliere in modo così pieno la citata proposta del Prefetto da ripetere in qualche modo a Padova quanto già sperimentato con il Liceo Convitto di Ravenna: l’introduzione, a carico dello Stato, nel Collegio di Santa Croce non già di un Liceo a se stante, come a Ravenna, bensì di “scuole” ossia d’insegnamenti presenti solo nei Licei, in modo da parificarlo a un Regio Liceo (Nazionale avente) Convitto (d’Allievi). Zecchini rispose a Scopoli solo il 20 ottobre 1810, rallegrandosi per la decisione del Governo e confermando che, anche così potenziato, il Collegio di Santa Croce avrebbe avuto uno spazio sufficiente, anche accanto a Università e Accademia, nello spazio enorme di Santa Giustina. E proprio per avvalorare tale assicurazione Zecchini aveva atteso così tanto tempo per rispondere a Scopoli, cioè sino a quando aveva potuto ottenere, solo il 19 ottobre 1810, da Antonio Noale, ingegnere del Comune di Padova, quel che solo allora poteva accludere alla lettera ossia una dettagliata “Spiegazione dei Tipi riguardanti l’ex Monastero di S. Giustina di Padova riordinato per uso di questa Reggia Università ed Accademia e per il preservato Coleggio di Santa Croce”. E Zecchini anzi forniva persino un elenco “dei Direttori e Maestri”, che avrebbero potuto essere nominati dal Governo stesso, a parte i maestri delle Scuole Normali ossia elementari, che avrebbero potuto essere nominati invece dallo stesso Comune di Padova. Tutto questo fa intendere come, sino ad allora, tutte queste iniziative avessero a unici protagonisti lo Stato e il Comune ossia comunque enti pubblici, con l’assoluta assenza di enti privati.

Prima che Scopoli avesse il tempo di una replica, Eugenio emanò, il 26 ottobre 1810, un Decreto Vicereale con cui veniva fondato il nuovo Liceo di Sondrio (oggi il “Giuseppe Piazzi”), che restrinse così i dipartimenti ancora privi di Liceo a tre: quello, nuovo, dell’Alto Adige (per cui era peraltro previsto già dal Decreto Reale del 28 maggio 1810 la creazione di un nuovo Liceo), e quelli “universitari”, del Reno a Bologna e del Brenta a Padova.

Finalmente Scopoli scriveva il 9 novembre 1810 a Zecchini, comunicandogli che il Governo aveva deciso di rinunciare al previsto trasferimento dell’Università a Santa Giustina e perciò dava il via libera al trasferimento ivi del “Liceo” ossia del Collegio di Santa Croce da estendere alle stesse classi liceali. A questa seguiva peraltro un’altra lettera, del 14 novembre 1810, in cui Scopoli raccomandava a Zecchini di coinvolgere finanziariamente il Comune di Padova nell’intera operazione, il che rallentò la sua esecuzione. Nel frattempo, Eugenio contribuì a scompaginare le carte, emanando il 22 novembre 1810 un Decreto Vicereale sull’istruzione privata, in cui prevedeva la necessaria procedura per il rilascio di un’apposita “Patente” per i Direttori dei Collegi privati di educazione, se volevano continuare tale attività. Oggi si direbbe per ottenere il rango di “scuola legalmente riconosciuta”. Ci sarebbe presto stato qualcuno che ne avrebbe approfittato per allargarsi anzi ulteriormente, e proprio a Padova. Ma nel frattempo il progetto originario sembrò andare in porto: il 7 gennaio 1811 il Consiglio Comunale di Padova diede il suo benestare alla creazione, dietro finanziamento anche dello stesso Comune, del Collegio di Santa Giustina, nel quale il Comune stesso intendeva aver voce in capitolo non solo su maestri e alunni delle Scuole Elementari, ma anche sugli allievi dello stesso Ginnasio, esclusi quelli delle classi liceali, di pertinenza statale. Perciò Zecchini scrisse il 17 gennaio 1811 a Scopoli, comunicandogli la notizia, ma anche richiedendo l’effettiva cessione dell’intero edificio di Santa Giustina, da parte del Demanio, attraverso il Prefetto, allo stesso Comune di Padova, affinché l’edificio stesso fosse utilizzato per ospitarvi sia l’Accademia Patavina sia il nuovo Collegio di Santa Croce, laico e pubblico, in parte comunale e in parte statale, soprattutto una volta che vi fossero introdotte le classi liceali che gli avrebbero consentito la parificazione con i Regi Licei Convitti. Perciò Vaccari, informato a sua volta da Scopoli, poté chiedere e ottenere da Eugenio l’emanazione, il 29 gennaio 1811, di un apposito Decreto Vicereale, con cui si stabiliva di istituire tali cattedre liceali in ben tre Collegi (tutti preesistenti ed ex-religiosi) in modo da parificarli tutti ad altrettanti Regi Licei Convitti, utili per l’accesso immediato in Università: il Collegio di Porta Nuova a Milano (che aveva bisogno di un secondo Liceo, pur solo “parificato”), quello di San Luigi a Bologna e quello di Santa Giustina a Padova (entrambi in dipartimenti “universitari” e come tali sprovvisti sino ad allora di qualsiasi Liceo o Ginnasio pubblici). L’unica differenza, ma sostanziale, è che i primi due erano già collocati nelle loro antiche sedi e gli ex-religiosi, tutti ex-Barnabiti, che continuavano a occuparle sarebbero stati i medesimi insegnanti anche nel futuro. Dunque si trattava, per loro, di una soluzione che andava nel senso di un Collegio effettivamente privato, con l’aggiunta di classi liceali (statali), che sarebbero state sufficienti a garantire loro la parificazione con i Regi Licei Convitti. Del tutto diverso era il caso del futuro Collegio di Santa Giustina: non ancora insediato in tale edificio, non si conosceva nemmeno i nomi dei direttori e dei maestri che vi avrebbero insegnato, dato che essi dipendevano dalle scelte e dalle nomine fatte o dal Comune, per le Scuole Elementari, o dallo Stato per lo stesso Ginnasio. Si trattava perciò di un Collegio essenzialmente pubblico. Che anch’esso avrebbe però, solo attraverso l’inserimento in esso di cattedre liceali statali, potuto aspirare alla parificazione con i Regi Licei Convitti.

Questa era la situazione, un po’ anomala, ma pur sempre chiara, quando essa invece si complicò ulteriormente. Infatti già Napoleone, con suo Decreto Reale del 25 dicembre 1810, aveva trasformato l’Istituto Nazionale (già previsto nell’art. 297 della prima Costituzione della Repubblica Cisalpina, stabilito con legge del 9 novembre 1797 a Bologna, riconfermato nell’art. 121 della Costituzione della Repubblica Italiana, ma attivato solo con la legge n. 66 del 17 agosto 1802) nell’Istituto Reale Italiano di Scienze, Lettere ed Arti, con sede a Milano e sezioni a Bologna, Verona, Padova e Venezia, nonché con il permesso per ogni città di avere una sola Accademia, denominata Ateneo e sottoposta allo stesso Istituto Reale Italiano. Per Padova la conseguenza era che essa avrebbe mantenuto la sola Accademia, trasformata nel nuovo Ateneo di Padova e sottoposta all’autorità della Sezione di Padova dell’Istituto Reale Italiano. Perciò Eugenio con suo Decreto Vicereale del 5 febbraio 1811 non solo rinunciò definitivamente al trasferimento dell’Università di Padova a Santa Giustina, ma vi insediò invece la Sezione di Padova dell’Istituto Reale Italiano di Scienze, Lettere ed Arti, nonché l’Ateneo di Padova, nonché la locale Biblioteca (che rimase dunque lì), nonché il Collegio di Santa Croce, da potenziare attraverso le future cattedre liceali. Scopoli, che era ancora ignaro di tale Decreto Vicereale, ebbe il 6 febbraio 1811 con Vaccari un colloquio, dal quale desunse l’impressione di esser autorizzato a disporre anticipatamente dei fondi destinati alle future classi liceali, per erogarli invece già per il trasferimento del Collegio di Santa Croce a Santa Giustina. E mantenne tale convinzione anche e a maggior ragione quando conobbe il 7 febbraio 1811 il contenuto del predetto Decreto Vicereale, arrivando a prospettarsi anzi la possibilità di un allargamento ulteriore del futuro Collegio. Tale speranza si concretizzò subito dopo, quando l’ex-Somasco don Ermanno Barnaba, direttore del Collegio di Santa Lucia a Venezia con circa 70 allievi, presentò domanda a Zecchini e quindi a Scopoli per ottenere la “Patente” prescritta dal Decreto Vicereale del 22 novembre 1810, prospettando anzi la possibilità di trasferire il proprio Collegio a Padova, in Santa Giustina, fondendolo con il Collegio di Santa Croce e assumendo la direzione di quest’ultimo, così ulteriormente allargato. Scopoli accolse la proposta e diede ordine a Zecchini il 1° marzo 1811 di tradurla in atto. Nel frattempo Eugenio manifestò la vera natura e il vero intento del suo precedente Decreto Vicereale del 29 gennaio 1811. Infatti con il nuovo Decreto Vicereale del 3 marzo 1811 si stabiliva: “Art. 1. Ne’ Comuni ov’è provveduto alla istruzione nelle scienze e nelle lettere colla istituzione d’un Liceo e coll’approvazione di altre pubbliche scuole sotto il nome di Collegio, anche privato, o di scuole secondarie ed elementari, è vietato l’ammettere studenti nei Seminari ecclesiastici.” In altri termini il Collegio di Santa Croce, che doveva installarsi a Santa Giustina, poteva essere pure un Collegio privato, ma le scuole, secondarie ed elementari, in esso contenute erano comunque comunali ossia pubbliche, e ovviamente sarebbe stato statale il “Liceo” ossia le classi liceali che avrebbero dovuto inserirsi in esso. Perciò, essendoci ormai un complesso organico di Pubblica Istruzione in città, i laici non avrebbero più potuto ricorrere per la propria istruzione al locale Seminario Diocesano. E finalmente, il 23 marzo 1811, Zecchini scrisse a Scopoli, informandolo dell’avvenuta ispezione dell’edificio di Santa Giustina da parte dello stesso Prefetto del Dipartimento del Brenta, Zecchini, del Podestà di Padova, Girolamo Da Rio, dell’abate Felice Dianin, sino ad allora supervisore pedagogico di tutto il progetto del Collegio parificato a un Regio Liceo Convitto, e dell’abate Barnaba, direttore del Collegio di Santa Lucia a Venezia. Dal loro incontro a Padova emersero le seguenti conclusioni, riportate nella citata lettera: 1) Santa Giustina era atta a ospitare in una sua ala il Collegio e in un’altra sua ala, quella circostante l’imponente Biblioteca locale, la Sezione di Padova dell’Istituto Reale Italiano di Scienze, Lettere ed Arti e l’Ateneo di Padova; 2) il Direttore Dipartimentale del Demanio avrebbe a tal fine ceduto in affitto o persino in proprietà l’intero edificio di Santa Giustina, compresi gli “orti” ossia i terreni circostanti, al Comune di Padova; 3) l’abate Barnaba avrebbe dato subito il via ai lavori per l’allestimento a Santa Giustina di un grande Convitto (per i pasti e il pernottamento) per il previsto Collegio; 4) lo stesso abate Barnaba assicurava il trasferimento dell’intero suo Collegio di Santa Lucia (allievi, maestri, sorveglianti e inservienti) da Venezia a Padova cioè in Santa Giustina entro la Domenica di Pasqua 14 Aprile 1811, facendolo confluire nel Collegio di Santa Croce, trasferito nel contempo nel medesimo sito e passato sotto la sua direzione; 5) l’abate Dianin avrebbe continuato a predisporre quanto necessario per l’auspicata parificazione del previsto Collegio a un Regio Liceo Convitto; a tal proposito si proponeva che le nomine dei “Professori” delle classi liceali e perciò statali, ma comunque aggregate al Ginnasio annesso al Collegio, fossero decise da Scopoli, per conto del Governo, sulla base di “duple” ossia di coppie di candidati per ogni cattedra, proposte di concerto tra l’abate Barnaba (direttore del Collegio, di per sé privato) e il Podestà Da Rio (per il Comune di Padova, dal quale dipendevano non solo le Scuole Elementari, ma anche lo stesso Ginnasio), nonché corredate da osservazioni del Prefetto Zecchini su ogni candidato. E Scopoli, il 27 marzo 1811, approvò.

Prima ancora della data fissata, però, Eugenio emanò l’11 aprile 1811 il Decreto Vicereale di nomina, tra gli altri, dei docenti dell’ultimo Liceo Nazionale in programma ossia di quello, su nuova sede, per il Dipartimento dell’Alto Adige, a Trento (oggi il “Giovanni Prati” di Trento). Mancavano dunque solo i previsti tre Collegi parificati ai Regi Licei Convitti, e anzi di essi mancava un Collegio in quanto tale, quello di Padova.

Ma finalmente arrivò. Infatti entro la Domenica di Pasqua 14 aprile 1811 si concluse il trasferimento a Santa Giustina sia del Collegio di Santa Croce, sia del Collegio di Santa Lucia di Venezia, che confluì nel primo, che passò sotto la direzione dell’abate Ermanno Barnaba. Il nuovo Collegio di Santa Giustina iniziava così una storia, che, per il Ginnasio Comunale, che, in esso “contenuto”, venne allora attivato, sarebbe stata quanto mai lunga, e prosegue tuttora.